GPU in the Streets

GPU in the Streets, New York, 2005
GPU in the Streets, New York,  2005

 

Performance:
I wander about in the city, asking to passers-by for some photos-souvenir with the shape of my “Global Sisters/Logo GPU”
Many kind persons say “yes”: they trust my smile and don’t ask what the shape could embody…
Question: Can you really see what is visible?

 

GPU Pass Clandestino

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GPU PASS CLANDESTINO
digital print mounted on dibond / stampa fotografica montata su dibond 60×40 cm each/cad., 2010
installation, variable dimensions (t-shirt, boxes, unreadible text) /installazione dimensioni variabili (t-shirt, scatole, testo illegibile)

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“In this case reality is the human condition of the migrant, translated in dress-code. The migrant travels because he is still alive, wants to feel alive, be useful. He abandons loved places which stop him living and carries risk together with dreams. The migrant dreams. He wears the hope of attaining bread with the journey and he stitches it to him, he stitches it to his skin with the wounds which cost. He wears his passport which speaks Italian, speaks of football, a true International Esperanto. Global Pin-Up (like any respected Brand) puts these dreams into production.” Bread sewn to the number of Totti’s football shirt – but it could be any famous Italian football star’s shirt – it becomes the visualization of the reasons and the hopes of the migrant. With the player’s shirt the immigrant tries to be recognized, accepted. He loves Italian football, knows that Totti is Italy’s champion and in showing that he knows it and recognizes it, he hopes to be in turn recognized. He doesn’t know that dress-code has no value and will probably understand too late that his love for Italian football, and for that number 10, probably won’t save him.
(from the Catalogue Caos#2 by Raffaele Gavarro)

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“In questo caso la realtà è la condizione umana del migrante, tradotta in dress-code. Il migrante viaggia perchè è ancora vivo, vuole sentirsi vivo, essere utile. Abbandona posti amati che gli impediscono di vivere e indossa il rischio insieme ai sogni. Il migrante sogna. Ha addosso la speranza di conquistarsi il pane col viaggio e se lo cuce addosso, se lo cuce sulla pelle con le ferite che costa. Indossa il suo passaporto che parla italiano, parla del calcio, vero Esperanto internazionale. Global Pin-Up (come ogni Brand che si rispetti) mette in produzione questi sogni.” Il pane cucito sulla maglia di Totti – ma potrebbe essere quella di qualunque altro calciatore famoso – diventa la visualizzazione delle ragioni e le speranze del migrante. Con quella t-shirt del grande calciatore, l’immigrato cerca di farsi riconoscere, accettare. Lui ama il calcio italiano, sa che Totti è un nostro campione, e nel mostrare che lo conosce e lo riconosce, spera a sua volta di essere riconosciuto. Non sa che quell dress-code ha valore zero e probabilmente capirà troppo tardi che l’amore per il nostro calcio, e per quel numero 10, probabilmente non lo salverà.
(estratto dal Catalogo Caos#2 di Raffaele Gavarro)

Global Pin-Up

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Ivana Spinelli ha (…) creato un meta-brand attraverso il progetto Global Pin-Up. Attualmente sta organizzando dei workshop con gruppi caratterizzati da una determinata identità. Durante i workshop le tematiche affrontate vengono tradotte inshopping bag, e i tempi e i modi di realizzazione rispettano le necessità del gruppo. Le borse prodotte viaggiano dentro e fuori il sistema dell’arte, passando dalla galleria al museo fino al negozio commerciale, a cui vengono date in conto-vendita. Altre shopping bag servono invece da connessione per una “bag narrativity” che si sviluppa tramite un sito web. In questo modo, la Spinelli prova a costruire un sistema di produzione trasversale che sia espressione diretta del futuro consumatore.
Benedetta di Loreto

Ivana Spinelli (…) mette in scena (…) un processo di produzione simbolica fondato sulla con-fusione produttiva di arte e moda. (…)
Un bazar dove vengono presentati icone, cartelle di disegni, video, nonchè indumenti ed accessori per un soggetto speciale: la Global Pin Up.
Questa creatura virtuale-reale è un passo ulteriore rispetto alla figura della Top Model, esempio moderno di bellezza universale, ed è più vicina alla sua evoluzione nella Pop Model: bellezza mondanizzata, la cui “connotazione ipersemiotica del corpo” (Calefato P., Mass Moda, Costa&Nolan 1996) trasforma il corpo in spazio territoriale, narrativo, comunicativo. La Pin Up globale di Spinelli – kamikaze erotico, silouette dal volto coperto da un passamontagna nero e rosa o da una maschera antigas verde brillante – è una creatura che mescola l’icona televisiva di Miss Italia con quella delle Grazie rinascimentali, e contemporaneamente è il corpo sul quale si incrociano le cronache del terrore con le immagini della seduzione che, insieme, abitano quello che Arjun Appadurai (Modernità in polvere, Meltemi 2001) ha chiamato il mediascape del mondo globalizzato.
Franco Speroni

WEBSITE         GLOBAL PIN-UP

WORKSHOP   GPU BAG NARRATIVITY

PERFORMANCE  GPU IN THE STREETS

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ECC Paper

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ECC PAPER
installazione dimensioni variabili, videoanimazione, 2010

” La carta dell’Ente Comunale di Consumo che serviva ad incartare, avvolgere, contenere piccole dosi di beni di prima necessità; quella carta l’ho immaginata incartata, rivestita, esposta come prodotto di per sé, memoria vintage, oggetto da collezione, mezzo quotidiano che viene musealizzato, ready made commerciale.
Ho immaginato il Brand ECC proporre non più beni di consumo a prezzi calmierati ma un bene di lusso per intenditori. Ciò che dovrebbe incartare diventa il prodotto, mostrato e venduto come oggetto vintage, gioco estetico di cui osservare le sfumature di colore, le ombre, le macchie.
Il Brand mostra inoltre nella videoanimazione il suo palpitare, il suo carattere emotivo ed empatico col consumatore (o dovremmo qui dire, fruitore).” Ivana Spinelli

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Ente Comunale di Consumo
a cura di Claudio Libero Pisano
CIAC Centro Internazionale di Arte Contemporanea di Genazzano (RM)
10.12.2010-06.03.2011

artisti:
Francesco Arena, Arianna Carossa, David Casini, Luca Coser, Raffaella Crispino, Giovanni De Angelis, Rä di Martino, Rocco Dubbini, Marco Fedele di Catrano, Silvia Giambrone, Nicola Gobbetto, Diego Iaia, Domenico Mangano, Sandro Mele, Eugenio Percossi, Alessandro Piangiamore, Moira Ricci, Vincenzo Rulli, Barbara Salvucci, Matteo Sanna, Alice Schivardi, Ivana Spinelli.

Il CIAC, Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea – Castello Colonna, presenta una collettiva con 22 artisti impegnati a realizzare le opere sul progetto Ente Comunale di Consumo. Questa mostra è nata dal ritrovamento fortuito di un quantitativo di fogli oleati di carta con il logo dell’ECC utilizzata per l’incarto del burro.

Settembre 1946: un decreto legge dà vita agli Enti Comunali di Consumo, destinati al rifornimento alimentare delle famiglie indigenti. È un’Italia povera, devastata dal secondo conflitto mondiale, finito solo un anno prima; ma è anche un’Italia che promuove alcune importanti politiche assistenziali. Gli ECC acquistano e vendono a prezzi calmierati beni di prima necessità. Manca una manciata d’anni all’inizio del boom economico, ma l’ECC resiste anche all’arrivo del benessere. Pane, pasta e burro restano i prodotti che le famiglie meno abbienti continuano a comprare all’ECC. Dalla metà degli anni Settanta, si registra l’inizio del declino degli Enti Comunali di Consumo, che diminuiscono col ridimensionarsi delle politiche assistenziali dello Stato, lentamente escono dalle abitudini e poi dalla memoria degli Italiani. Oggi sembrano essersi dissolti i ricordi di questa istituzione dell’immediato dopoguerra; rimane solo il luogo evocativo di una vecchia storia che non ha lasciato tracce. E’ un percorso sulla memoria di un paese, su come, non troppi anni fa, si viveva e si percepiva l’idea della ricchezza e della povertà. Gli artisti hanno lavorato nella massima libertà creativa, scegliendo se e come utilizzare la carta secondo la loro esclusiva poetica e il loro linguaggio. Che si sia trattato di un video, un disegno, un’elaborazione tridimensionale, ogni artista
ha espresso la sua personale visione di questo racconto, e ci ha restituito una memoria o una ipotesi di futuro variegata. Da questa molteplicità di lenti, il nostro passato diviene un caleidoscopio con il quale provare a immaginare un’altra idea del mondo.