” Non è per il fatto di essere aperte che le identità relazione non sono radicate. Ma la radice non è più un perno, an chouk, non uccide più quello che trova intorno a sé, corre (…) a incontrare altre radici con le quali condivide il succo della terra. Così come sono esistiti gli Stati-nazione, ci saranno nazionirelazioni. Come ci sono state frontiere che separano e distinguono, ci saranno frontiere che distinguono e collegano, e che non distingueranno se non per collegare.”
Éduard Glissant
Exhibition view in TOPOPHILIAS with Rebecca Agnes and Stefania Migliorati @ Kreuzberg Pavillion, Berlin, Feb.2015:
photos: kreuzberg pavillon, Rebecca Agnes, IS
text by Arianna Miotto: TOPOPHILIAS
Ivana Spinelli comincia qualche anno fa ad osservare e disegnare le cellule delle radici, scoprendo poi (attraverso la neurobiologia vegetale) che quel micro-mondo complesso è un sistema pienamente intelligente che entra in relazione e comunicazione tra il suo interno e il mondo esterno. Rileggendolo in scala macroscopica, il lavoro dell’artista si fa metaforica lettura dell’umana tendenza alla relazione e al contatto con l’altro, come le cellule, che contaminandosi tra loro danno vita a nuove forme particellari. Cannot see all è il titolo dell’opera, un’installazione composta da un disegno eseguito a matita e inchiostro di china, ed elementi scultorei che continuano il disegno nello spazio. Movimenti minimi di fusione e separazione. Incontri vitali. Non completamente visibili (dunque non completamente disegnati). È di questi dettagli minimi che si compongono i nostri rapporti e le nostre relazioni.
Di questi dettagli sfuggenti e non del tutto decifrabili, si formano le nostre infinite interconnessioni, con altri esseri umani e con tutto il non-umano (natura, luoghi, oggetti..). L’artista prova a cercare nelle cellule delle radici questo tutto relazionale di cui si compongono le nostre esistenze, ma sa di non poter vedere tutto; il contatto è invisibile agli occhi.
Ivana Spinelli began a few years ago to observe and draw the cells of the roots, then discovering (through the Plant Neurobiology) that complex micro-world as a fully intelligent system, able to enter into a relationship and communication with its inside and its outside world. Rereading it, in a macroscopic scale, this artist’s work becomes a metaphorical view of the human tendency to report and to contact with each other, as the cells that contaminate each other, leading to new forms. “Cannot see all” is the title of the work, an installation composed of a pencil and indian ink drawing, and sculptural elements that continue drawing in space.
Minimal movements of fusion and separation, vital encounters. These minute details (not completely visible, thus not fully drawn) make up our connections and our relationships.
From these elusive and not quite decipherable details, take form our endless interconnections, with other human beings, and with all the not-human being (nature, place, objects…). The artist tries to find in the cells of the roots this “all-relationships” which constitutes our lives, but she knows she can not see everything; the contact is invisible to the eye.